Letture*
- LETTURA DEL MESE -
Una stanza della meditazione è un luogo poetico. In senso letterale, il luogo di non fare, un particolare tipo di fare che in un certo senso consiste nello smettere di fare alcunché. Nel disimparare. Nella stanza ci siede con attenzione, con cura, cura per il cuscino, la sedia, lo spazio, lo spazio proprio e altrui per il corpo. Ci si raggiunge, ci si accorge di essere seduti lì in quel momento. Si porta l'attenzione al respiro così com'è. Si riceve il respiro. L'attenzione è morbida, tenera eppure salda e determinata. Simile a quella che avremmo per una farfalla: se la stringessimo, la uccideremmo, se non la tenessimo con attenzione, sfuggirebbe. Si smette dunque di affaccendarsi in azioni, pensieri, preoccupazioni per il futuro, ricordi del passato. Ci si acquieta lasciando che i pensieri sorgano e passino come uccelli in un cielo vasto. E si disimpara a prendere parte, posizione, a essere a favore o contro questo e quello, a fare di sensazioni, memoria, desideri, pensieri, dei concetti a cui credere indiscutibilmente e di cui poi convincere gli altri. E' un luogo che si fa insieme, di per sé è solo una stanza vuota, né brutta né bella, piena di spazio di possibilità. E quel che nasce assomiglia al luogo stesso, sono miracoli del noto, del così già tanto, visto che lo si dà per scontato: sedersi, osservare l'ambiente senza essere rapiti dal commentatore interno che ce lo descrive e ce lo spiega, respirare, sentire il corpo e le sue sensazioni, chiedersi come sto, restare in attesa della risposta. Lasciare spazio intorno a questi gesti tanto ordinari, dargli una stanza, li fa brillare, permette che aprano un varco nell'oscurità in cui di solito viviamo nel nostro quotidiano sonno. Allora pian piano si ricevono le visite della consapevolezza. La consapevolezza del piccolo, esercitata con pazienza e continuità, apre la porta a una consapevolezza sempre più costante e più profonda. Non più solo nel corpo, ma anche nel nostro funzionamento mentale, del nostro modo di ricevere e reagire al mondo, agli altri, agli eventi della vita, alla morte. Stare fermi fa conoscere i movimenti della mente. Ci apriamo. Ad accogliere. A non subire. A non interferire. Ad accogliere con fiducia qualsiasi cosa ci capiti. E questo non interferire che permette di rivelarsi, apre la possibilità della comprensione e dello scioglimento.
(Chandra Livia Candiani, Il silenzio è cosa viva, Einaudi 2018)
- Letture dei mesi precedenti -
Febbraio 2024
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l'altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell'uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l'ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l'altro avvenivano cambiamenti
perfino nell'ambito ristretto d'un batter d'occhio.
Su un tavolo più giovane da una mano d'un giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po' di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.
(da "Disattenzione" di Wislawa Szymborska")
Aprile 2024
È la coltivazione della solitudine, sceglierla, che mi sta insegnando a sentire gli altri, i piú lontani e i piú vicini, a sentire come stanno, a sfiorarli con il pensiero senza prenderli mai.
Tanti episodi violenti accadono nel bosco, diluvi e temporali che abbattono alberi vecchissimi, taglialegna che li sterminano, trattori che sfondano la terra e creano pozze che si riempiranno d'acqua e fango, cacciatori che sparano, animali che spariscono, acquattati nella paura, feriti, morti. Ma il bosco sta, colpito, ammutolito per le ferite, i traumi, le razzie, ma sta.
Dove altro potrebbe andare? Ma sta con vivezza, sta con presenza, non si distrae mai, non ha testa in cui nascondersi e staccarsi da terra, ha radici, ha linfa che pulsa, ha nascita e morte che si intrecciano, ha fantasia illimitata e geometrie precisissime e fame e sete. Gli alberi prendono le forme del vento ma anche della fame di luce, della sete d'aria e di spazio. Gli animali azzannano la vita, mordono il mondo.
Resto qui, qui è piú chiara la violenza di esistere, qui si sa scappare, rincorrersi, assaltare, fidarsi, crollare, balzare. Resto qui, c'è una grammatica piú semplice per gli ingenui.
(Chandra Candiani da 'Questo immenso non sapere.' Einaudi)
Maggio 2024
Tempo verrà in cui con esultanza saluterai te stesso arrivato alla tua porta, nel tuo proprio specchio, e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro, e dirà : Siedi qui. Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore a se stesso, allo straniero che ti ha amato per tutta la tua vita, che hai ignorato per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore, le fotografie, le note disperate sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. È festa: la tua vita è in tavola.
(Derek Walcott)
Luglio 2024
La nostra è una pratica semplice: è consapevolezza nella vita quotidiana. Noi pratichiamo le tecniche meditative del fermarsi (samatha) e guardare in profondità (vipasyana). Senza consapevolezza e meditazione saremmo trascinati qua e là da mille cose e perderemmo noi stessi: la pratica ci aiuta a smettere di correre a perdifiato per tutta la vita come se avessimo il diavolo alle calcagna. Troppo spesso ci lasciamo trasportare dalla spinta delle persone che ci stanno intorno, dalle circostanze, dai nostri stessi pensieri, dalla rabbia, e non abbiamo la forza di opporci a queste forze. Chiediti: «Che cosa ho fatto della mia vita, negli ultimi anni?». Se non hai praticato il fermarsi, ti sembrerà che gli anni siano passati come in sogno. Può essere che tu non ti sia mai fermato un attimo a guardare la luna o a tenere in mano un fiore. Senza fermarci e guardare in profondità non siamo capaci di vivere realmente la vita.
L'energia che ci mette in grado di fermarci è la consapevolezza. Possiamo usare elementi che già fanno parte della nostra vita – lo squillo del telefono, la sosta a un semaforo se stiamo guidando – per fermarci, sorridere e ritornare al momento presente. Il suono del telefono è la voce del Buddha che ci richiama al nostro vero io e ci chiede: «Dove stai andando? Perché non torni a casa?». Siamo come bambini scappati di casa. Ascoltando il suono del telefono possiamo ritornare al qui e ora; il momento presente è pieno di gioia, di pace, di libertà e risveglio, non dobbiamo far altro che fermarci ed entrare in contatto con esso.
La pratica di fermarsi porta concentrazione (samadhi). La concentrazione rende più stabile la nostra consapevolezza: se la batteria della torcia elettrica è carica, la luce sarà forte e stabile e saremo in grado di vedere con chiarezza ognuno degli oggetti su cui la punteremo; se la batteria è mezza scarica vedremo solo un'immagine vaga e tremolante. La concentrazione è la batteria, la torcia elettrica è la consapevolezza. Quando ci fermiamo e concentriamo la mente anche solo un po', cominciamo a vedere. Se ci fermiamo più a lungo, in noi l'energia della concentrazione diventa molto forte e vediamo chiaramente dovunque puntiamo la luce della consapevolezza. Di fatto la concentrazione e l'osservazione profonda non si possono separare: non appena c'è concentrazione, ecco che c'è l'osservazione profonda. Perché ci sia l'osservazione profonda prima deve esserci il fermarsi. Quando ci fermiamo e osserviamo in profondità un fiore possiamo vederne la natura interdipendente e co-originata: il sole, la pioggia, il terreno.
Possiamo praticare la concentrazione e l'osservazione profonda in tutte le attività della vita. Possiamo praticare il fermarsi anche camminando: camminiamo in modo da non fare del punto d'arrivo la nostra unica meta, camminiamo in modo da godere ogni passo. Se pratichiamo il fermarsi mentre laviamo il pavimento, laviamo i piatti o facciamo la doccia, stiamo vivendo in profondità. Se non pratichiamo in questo modo, passeranno i giorni e i mesi e avremo sprecato il nostro tempo. Fermarci ci aiuta a vivere davvero.
(Da Thich Nhat Hanh, La via della trasformazione, Oscar Mondadori, 2009)
Gennaio 2024
In quest'ora della sera
da questo punto del mondo
Ringraziare desidero il
divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare
ringraziare desidero
per l'amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità
per il pane e il sale
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede
per l'arte dell'amicizia
per l'ultima giornata di Socrate
per il linguaggio, che può simulare la sapienza
io ringraziare desidero
per il coraggio e la felicità degli altri
per la patria sentita nei gelsomini
e per lo splendore del
fuoco
che nessun umano può guardare
senza uno stupore antico
e per il mare
che è il più vicino e il più dolce
fra tutti gli Dèi
ringraziare desidero
perché sono tornate le lucciole
e per noi
per quando siamo ardenti e leggeri
per quando siamo allegri e grati
per la bellezza delle
parole
natura astratta di Dio
per la scrittura e la lettura
che ci fanno esplorare noi stessi e il mondo
per la quiete della casa
per i bambini che sono
nostre divinità domestiche
per l'anima, perché se scende dal suo gradino
la terra muore
per il fatto di avere una sorella
ringraziare desidero per tutti quelli
che sono piccoli, limpidi e liberi
per l'antica arte del teatro, quando
ancora raduna i vivi e li nutre
per l'intelligenza
d'amore
per il vino e il suo colore
per l'ozio con la sua attesa di niente
per la bellezza tanto antica e tanto nuova
io ringraziare desidero
per le facce del mondo
che sono varie e molte sono adorabili
per quando la notte
si dorme abbracciati
per quando siamo attenti e innamorati
per l'attenzione
che è la preghiera spontanea dell'anima
per tutte le biblioteche del mondo
e per quello stare bene fra altri che leggono
per i nostri maestri immensi
per chi nei secoli ha ragionato in noi
per il bene dell'amicizia
quando si dicono cose stupide e care
per tutti i baci d'amore
per l'amore che rende impavidi
per la contentezza, l'entusiasmo, l'ebbrezza
per i morti nostri
che fanno della morte un luogo abitato.
Ringraziare desidero
perché su questa terra esiste la musica
per la mano destra e la mano sinistra
e il loro intimo accordo
per chi è indifferente alla notorietà
per i cani, per i gatti
esseri fraterni carichi di mistero
per i fiori
e la segreta vittoria che celebrano
per il silenzio e i suoi molti doni
per il silenzio che forse è la lezione più grande
per il sole, nostro antenato.
Io ringraziare desidero
per Borges
per Whitman e Francesco d'Assisi
per Hopkins, per Herbert
perché scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e non arriverà mai all'ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
Ringraziare desidero
per i minuti che precedono il sonno,
per gli intimi doni che non enumero
per il sonno e la morte
quei due tesori occulti.
E infine ringraziare
desidero
per la gran potenza d'antico amor
per l'amor che move il sole e l'altre stelle.
E muove tutto in noi.
(da "Le giovani parole", Mariangela Gualtieri, 2015)
Giugno 2024
"La consapevolezza arriva quasi sempre all'improvviso, e fa male, barcolli, vacilli, ti si apre una voragine sotto ai piedi.
Ma, immediatamente dopo, ti permette di ridare la giusta posizione alle cose, ti dona una prospettiva altra rispetto a quella delle aspettative narcisistiche, del bisogno egocentrico sentito come un diritto.
E il passo successivo è la libertà. Quella vera. Che ti obbliga all'onestà, alla trasparenza, alla presenza.
Ed è l'antidoto più efficace contro la paura."
(Melanie Klein)
Settembre 2024
Sulla pazienza
Bisogna, alle cose, lasciare la propria quieta, indisturbata evoluzione che viene dal loro interno e che da niente può essere forzata o accelerata.Tutto è: portare a compimento la gestazione – e poi dare alla luce…Maturare come un albero che non forza i suoi succhi e tranquillo se ne sta nelle tempeste di primavera, e non teme che non possa arrivare l'estate. Eccome se arriva! Ma arriva soltanto per chi è paziente e vive come se davanti avesse l'eternità, spensierato, tranquillo e aperto…Bisogna avere pazienza verso le irresolutezze del cuore e cercare di amare le domande stesse come stanze chiuse a chiave e come libri che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo.Si tratta di vivere ogni cosa.Quando si vivono le domande, forse, piano piano, si finisce, senza accorgersene, col vivere dentro alle risposte celate in un giorno che non sappiamo.
(Rainer Maria Rilke)